Gli animali selvatici hanno da sempre affascinato l’uomo e appaiono come i protagonisti di scene di vita quotidiana fin dalle prime testimonianze rupestri della nostra cultura. La fauna selvatica ha da sempre rivestito un ruolo fondamentale per la società, rappresentando una fonte di cibo, di vestiario e rivestendo il ruolo di musa ispiratrice per leggende e fiabe ancora oggi raccontate. Negli ultimi anni, la sempre maggiore importanza che viene riconosciuta alla salvaguardia dell'ambiente ha generato una fitta normazione per la soluzione dei problemi che affliggono la fauna selvatica e una crescente informazione e consapevolezza da parte dei cittadini sulla tutela di queste specie.
La fauna italiana è costituita da circa 57.422 specie di cui circa 56.168 invertebrati e 1.254 vertebrati. Fra le specie che più comunemente possono venire a contatto con l’uomo, o con le sue attività, possiamo annoverare gli ungulati selvatici, soprattutto caprioli e daini, i carnivori selvatici come lupi, volpi, tassi, e altri animali quali cinghiali, istrici e ricci.
I motivi di incontro e, purtroppo, anche quelli di scontro, fra animali selvatici e cittadini sono soprattutto da ricercarsi nel costante incremento demografico di diverse specie, nella creazione di un fitto sistema viario e nel radicale riassetto del territorio rurale con la conseguente modificazione di gran parte degli ecosistemi esistenti. Ciò ha causato l’aumento delle interazioni tra la fauna selvatica, gli esseri umani e gli animali domestici, per lo più bestiame e cani da caccia. Tale fenomeno ha determinato, e continua a farlo, crescenti problematiche, sia per l’uomo, come i danni alle coltivazioni, l’aumento del rischio della trasmissione di patogeni e l’aumento di sinistri stradali dovuti all'impatto fra veicoli e animali selvatici, sia per il territorio, sia per le specie interessate.
Le varie strutture Veterinarie, in convenzione con le Regioni a cui spetta la tutela e la responsabilità di azione nei confronti di queste specie, offrono servizi di soccorso e recupero della fauna selvatica locale H24. Le suddette attività si concentrano soprattutto in interventi su animali incidentati, feriti o imbrigliati poiché coinvolti in scontri con autoveicoli, o rimasti intrappolati in reti e recinti solitamente destinati alla protezione degli ortaggi e degli animali domestici.
Questi soggetti giungono spesso in condizioni critiche e necessitano di un pronto intervento e una stabilizzazione immediata, per poi riuscire a procedere con un iter diagnostico completo e una terapia adeguata ad ogni singolo caso. Il Veterinario, insieme agli Organi di tutela della fauna selvatica, valuterà quando sia possibile reimmettere il soggetto in natura e quando si renda necessario trasferirlo in riserve e aree dedicate a un più lento recupero.
E’ fondamentale l’addestramento e la consapevolezza del personale, spesso composto da volontari e liberi cittadini, che recuperano e trasportano questi animali verso le strutture veterinarie competenti. Per prima cosa, occorre conoscere le differenze di specie per poter mettere in sicurezza l’animale e se stessi. In caso di recupero di un ungulato selvatico, per esempio un capriolo, è necessario sapere che questi animali sono soggetti a forti stress metabolici e muscolari dovuti alla cattura e al contenimento. Una benda sugli occhi minimizzerà l’agitazione e la paura dell’animale e sarà fondamentale non legare le zampe del soggetto, ma alloggiarlo in una apposita gabbia di cattura che sia contenitiva ma non costrittiva.
Un altro intervento veterinario frequente è quello legato all'incauta raccolta di cuccioli nell'habitat selvatico. Di nuovo risulta fondamentale conoscere la biologia delle singole specie al fine di evitare di intervenire in contesti non appropriati. I piccoli di cinghiale si allontanano poco dalla loro madre, mentre i cuccioli di capriolo e daino sono lasciati soli, a riposare in posti sicuri, anche per lunghi periodi dalle madri che possono così cercare il cibo. Questo allontanamento, però, è ben calcolato e una madre capriolo passerà spesso a controllare il suo piccolo, ricordandosi perfettamente dove lo ha nascosto. Toccare, o peggio prendere uno di questi cuccioli con l’errata convinzione che siano soggetti in difficoltà crea un danno all'ecosistema e soprattutto condanna il piccolo in questione, nella maggior parte dei casi, a rinunciare alla sua vita selvatica e a non poter più essere reintrodotto in natura.
L’uomo può dunque essere un valido aiuto per le specie selvatiche locali in difficoltà, ma deve agire con consapevolezza e in presenza di conoscenze adeguate. Per migliorare il proprio intervento, i cittadini possono rivolgersi alle strutture competenti per il loro territorio per ricevere tutte le informazioni necessarie. E’ inoltre utile avere sempre a portata di mano i numeri da chiamare in caso di necessità per allertare i professionisti competenti di ogni singola zona.
Dott.ssa Francesca Bonelli, MV, PhD, Ricercatore A
Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato”
Dipartimento Scienze Veterinarie, Università di Pisa
francesca.bonelli@unipi.it